PREMESSA
L'idea di
realizzare un salva-puntine per la mia Moto Guzzi
V65 SP è nata dall'esigenza di mantenerne il
sistema di accensione sempre in condizioni ottimali dopo
aver avuto una serie di problemi legati al deterioramento (normale)
delle puntine platinate nei primi mesi del 2005 (la moto è stata
acquistata nel gennaio 2005). Il circuito che presento è un semplice interruttore elettronico che commuta la corrente nella
bobina al posto delle puntine. Le puntine restano e hanno la funzione
di controllo della commutazione. In caso estremo di rottura (mai
successo) è possibile ripristinare il circuito originale e continuare
il viaggio.
Il circuito si può applicare, in generale, a qualsiasi tipo di moto e
auto sia con impianti elettrici a 6 che a 12 V e poiché utilizza
componenti di comune impiego è anche facilmente realizzabile.
PRINCIPIO DI FUNZIONAMENTO CLASSICO CON LE PUNTINE
E' noto, come le puntine, con
la loro apertura nell'istante desiderato di accensione delle candele,
interrompendo la corrente (del valore di alcuni
ampere) che scorre nella bobina generino una f.e.m. (forza
elettromotrice) di autoinduzione del valore di circa 200 V che in
virtù del rapporto di trasformazione induca poi nell'avvolgimento
secondario la tensione necessaria all'innesco della scarica nella
candela. Dal punto di vista energetico, nella fase di puntine chiuse
l'energia prodotta dalla corrente viene immagazzinata nel campo
magnetico mentre all'apertura l'energia già immagazzinata si
trasforma in calore tra gli elettrodi della candela (per mezzo della
corrente di scarica). In sostanza il sistema
batteria-bobina-puntine consente, ad ogni ciclo motore, di prelevare
dalla batteria l'energia necessaria ad innescare l'accensione della
miscela nella camera di scoppio. Il valore dell'energia trasformata in
calore dalla candela è proporzionale al quadrato del valore che la
corrente assume nell'istante di accensione e al valore dell'induttanza
della bobina (E=1/2 (L I^2), il valore della corrente dipende inoltre
dal tempo trascorso tra l'istante di inizio circolazione della
corrente (istante di chiusura puntine) e istante di accensione
(apertura puntine). Il valore massimo dell'energia si ha in
corrispondenza del valore massimo della corrente consentito dalla
bobina, dalla resistenza di chiusura delle puntine, dalle resistenze
di cablaggio e dalla batteria. Nel
caso della bobina
della V65 SP (trascurando il cablaggio) la resistenza è di 3,9 Ohm a 18
°C, il valore massimo della corrente è quindi
Vb/3,9 A, dove Vb è la tensione di batteria e il valore massimo
dell'energia utilizzabile è di Emax=(1/2)L(Vb/3,9)^2, posto L=7,2 mH
(Henry) Vb=12V si ha Emax=34 mJ (Joule).
La tensione di innesco in aria libera misurata all'uscita
della bobina è di circa -6000 V (caso della bobina della V65SP).
L'energia immagazzinata nel campo magnetico della bobina si trasforma
ora in calore attraverso l'arco elettrico che si forma tra gli
elettrodi della candela e che dura il tempo necessario
all'annullamento dell'energia magnetica. La commutazione della corrente,
sia in fase di chiusura che di apertura (essenzialmente in apertura), è responsabile del
degradamento continuo delle puntine (si riduce progressivamente la
superficie utile del contatto e di conseguenza la sua conducibilità). E' noto lo scintillio e il conseguente fenomeno di
bruciatura delle superfici di contatto delle puntine ancorché
platinate.
Da notare anche che il riscaldamento della bobina prodotto dalla
corrente (riscaldamento dell'avvolgimento, del nucleo a causa delle correnti di
Foucault, isteresi magnetica) e dalla temperatura ambiente aumenta il valore della resistenza
dell'avvolgimento primario riducendo di conseguenza il valore
massimo della corrente e quindi l'energia immagazzinata. Per avere un'idea la resistenza
passa da 3,9 ohm a circa 4,9 (dopo 15 minuti di funzionamento alla
temperatura ambiente di 18 °C) e solo ciò provoca la riduzione
dell'impulso di tensione ai capi della bobina di circa il 20%.
IL CONTROLLO A MOSFET DELL'ACCENSIONE
Il circuito che propongo risolve il problema dell'usura delle puntine
poiché riduce la corrente che le attraversa a circa 8 mA (8 millesimi di ampere) mantenendo il circuito di accensione sempre nelle
sue condizioni ottimali. La funzione svolta dalle puntine
(commutazione corrente) è ora espletata da un transistor di potenza
del tipo mosfet in grado di resistere, in condizioni di apertura, ad alte tensioni
dell'ordine di 400 V e di presentare una bassa resistenza di
conduzione dell'ordine di 0,2 Ohm, del tipo usati nei sistemi elettronici di
commutazione di potenza con il vantaggio di non produrre più alcuna
scintillazione (la commutazione è allo stato solido); alle puntine è
riservato solo il compito di controllo. Le puntine non
subiranno più alcun deterioramento elettrico e potranno essere utilizzate quelle già montate magari
previa una semplice pulitura con una carta abrasiva molto fine. Da
ricordarsi però di umettare di tanto in tanto con un paio di gocce di
olio, secondo la procedura prevista, il feltrino che lubrifica il cilindretto rotante che aziona
il movimento di apertura-chiusura delle puntine. Ciò riduce il
consumo del pattino-puntine che è responsabile della graduale
variazione dell'anticipo e causa finale della loro sostituzione. La soluzione circuitale adottata è stata scelta considerando il criterio della
massima semplicità per migliorare l'affidabilità e la sua
realizzabilità da parte anche di coloro non particolarmente esperti di
elettronica.
PRINCIPIO DI FUNZIONAMENTO
Nell'istante di chiusura delle puntine (vedi Schema
elettrico) l'ingresso P è collegato a
massa, T1 si interdice (apre) e T3 carica attraverso R4 la capacità
di ingresso del mosfet. La tensione sul gate del mosfet (G) è ora
circa pari alla tensione di batteria VB. Il mosfet entra dunque in
conduzione e la corrente inizia a passare nella bobina crescendo dal
valore 0 a quello finale (2,5 A nella foto) in modo esponenziale. Nell'istante di apertura delle puntine (P sconnesso da
massa) T1 passa in conduzione e T2 scarica rapidamente attraverso D1
la capacità
di ingresso del mosfet portandolo all'interdizione e consentendo la generazione della tensione utile a produrre la
scintilla nella candela. La coppia di diodi D3 e D4 assieme alla
resistenza R6 proteggono il dispositivo T4 e la bobina dall'eccessiva tensione che si verrebbe a
creare nel punto B in caso di candela non collegata (la tensione viene
limitata a circa 370 V). Senza il gruppo di protezione la tensione
potrebbe salire sino a oltre 700 V distruggendo T4.
REALIZZAZIONE
Al fine di semplificare al massimo la realizzazione anche a chi
non sia particolarmente esperto di elettronica viene fornito il
disegno del circuito stampato. Esso (cs, di qualità professionale)
ha le dimensioni di 69x52 mm realizzato in fibra di vetro
di spessore 1,6 mm con piste in rame da 0,105 mm (meccanicamente molto
resistente) completo di sold resist e di serigrafia con il
disegno dei componenti. Il contenitore è della TEKO modello 1/A.1 di dimensioni
28 x 72 x 37 . Da notare che
il CS è fatto in maniera tale che possa essere diviso in due parti
uguali per coloro che vogliano
realizzare due interruttori separati ovvero lo desiderino impiegare su
un motore monocilindro o con spinterogeno. Utilizzando bobine con
resistenza superiore ai 3 Ohm il contenitore è adeguato a provvedere
al raffreddamento dei mosfet così come è, per resistenze inferiori
potrebbe invece essere necessario incrementare la dissipazione del
calore con opportune alette aggiuntive da avvitare alla base del
contenitore.
Preparazione contenitore e montaggio mosfet
Posizionare il cs esattamente al centro del contenitore e segnare i due
fori per il fissaggio sia dei mosfet che del cs. I fori sono da 3,0
mm, forare dapprima con una punta da 1,5-2,0 mm e successivamente da 3,0
per ottenere una migliore precisione. Per
evitare sbavature eseguire la forature dall'interno verso l'esterno
del contenitore, qualora si producessero eliminarle con carta vetrata
fine. Il cs sarà montato sopra al
mosfet distanziato da un dado e due rondelle. Lo spazio a sinistra e
destra del cs serve per il passaggio dei tre terminali del mosfet che
vanno collegati ai terminali S, D e G. Il mosfet va montato con i
terminali piegati a 90° (le piegature non vanno fatte ad angolo vivo)
in modo da avere la parte metallica (connessa
al drain) in basso per la dispersione del calore sul contenitore
stesso (va interposta una lamina di mica o materiale equivalente per l'isolamento
elettrico). I terminali del mosfet vanno distanziati dal bordo del cs
di circa 0,5 mm.
Eseguire con una lima tonda da 6 mm i tagli per i cinque
passacavi.
Pulire con attenzione il contenitore dai residui di limatura prodotta
dalla lavorazione; la limatura potrebbe danneggiare la lamina di mica
pregiudicando (conseguente rottura) l'isolamento elettrico tra mosfet e contenitore (mentre
in condizioni normali la tensione tra drain e massa è intorno ai 200
V a
candele staccate raggiunge i 370 V).
Inserire la vite da 3 mm dal basso interponendo una rondella piana,
poi nell'ordine mettere in posizione la lamina di mica, il mosfet, una
rondella piana, il dado serrandolo con moderazione, una rondella
piana.
Saldatura componenti
La saldatura è certamente l'operazione più delicata da eseguire
poiché da essa dipende il corretto funzionamento nel tempo
dell'intero salva-puntine, una saldatura non fatta a regola d'arte
può iniziare a dare problemi anche dopo molti km di percorrenza.
Utilizzare un saldatore di buona qualità, con punta sottile, possibilmente dotato di
controllo della temperatura
adatto ad essere impiegato alla saldatura dei circuiti elettronici.
Potenza intorno ai 50 W. Prima di saldare pulire la punta con una
spugnetta imbevuta di acqua. Per operare appoggiare l'estremità del
filo di stagno (lega stagno-piombo, per circuiti elettronici, diametro
1 mm, non utilizzare il filo venduto nelle ferramenta) sul punto da saldare, quindi
appoggiarvi la punta del saldatore. Le saldature dovranno apparire
lucenti e lisce. Una superficie non liscia indica che la saldatura
fatta è "fredda". Questa pur non dando generalmente
problemi nell'immediato potrebbe rivelarsi nel lungo periodo dannosa
portando anche all'isolamento delle due parti saldate. Eseguire le
saldature "rapidamente" per ridurre il riscaldamento del cs.
Dopo ciascuna
saldatura tagliare con adatte tronchesine i reofori dei componenti
senza intaccare le saldature.
I componenti vanno saldati in modo che poggino a contatto col cs. Notare che stante lo spessore di 0,1 mm delle
piste di rame in alcuni casi potrà essere necessario aumentare la
potenza del saldatore.
Iniziare con i quattro terminali di ottone che vanno prima levigati
con carta smeriglio finissima (per facilitare la saldatura e
l'inserimento sul cs), e poi inseriti dalla parte componenti
utilizzando un piccolo martello; continuare con i sei terminali a
striscia che vanno invece inseriti dalla parte delle saldature sempre
adoperando un martello. Nel saldare i transistor fare attenzione alla
linguetta che ne indica (emettitore) il posizionamento corretto. I
transistor vanno saldati dopo averli inseriti a fondo nelle loro sedi;
verificare che T2 e T3 non siano troppo vicini al cerchio (serigrafato
dalla parte dei componenti) che indica
la posizione della rondella piana e sulla quale andrà montato il dado
di bloccaggio, eventualmente prima di saldarli spostarli leggermente.
Per i diodi attenzione alla polarità indicata da un cerchio.
A saldature completate eseguire un approfondito controllo visivo dei
componenti e delle saldature per essere certi che non si siano
commessi errori.
Montaggio scheda componenti e cablaggio finale
Inserire la scheda sulle due viti già in posizione al disopra delle
due rondelle piane e bloccarle col dado dopo aver inserito una
rondella dentellata. Inserire sopra il dado che è vicino al lato del
contenitore dove sono tre passacavi l'estremità sagomata ad occhiello
di uno spezzone di filo rigido (2 cm) per il successivo collegamento
al filo di massa. Bloccare con rondella dentellata e dado.
Piegare dolcemente i tre terminali S, D e G sul cs e portarli a
contatto con i terminali del mosfet, questi vanno ulteriormente
piegati verso i terminali sul cs (foto in basso), quindi saldarli.
Collegare uno spezzone di filo rigido da 0,5-0,7 mm (diametro) tra i
terminali S della sezione da dove uscirà il filo nero per la massa
con la vite di sostegno del cs; lato vite andrà ricavato un occhiello
come in foto in basso a destra. Collegare con filo nero il terminale source
dell'altra sezione con l'occhiello, saldare su questo il filo nero di
massa che uscirà dal passacavo soprastante.
Collegare i due terminali VB con un pezzo di filo rosso, su uno di
questi saldare il filo rosso da collegare esternamente alla
batteria (VB).
I due fili marroni di
uscita per le bobine B vanno saldati direttamente sui terminali drain
dei mosfet. Uno dei due va anche legato con una fascetta al filo nero
di massa. Collegare in ultimo i due fili bianco e verde (nella foto)
ai due terminali P. Contrassegnare con uno spezzone di tubo termo-restringente
da 2,4 mm una coppia
di fili B e P della stessa sezione, servirà a contenitore chiuso a
identificare la sezione destra dalla sinistra.
La foto in basso mostra il montaggio dei faston per il collegamento
alle bobine e ai fili provenienti dalle puntine. Il faston nero è
maschio mentre quello rosso è femmina e ciò per evitare che
nonostante il colore si possa invertire l'alimentazione al
salva-puntine. Da notare la seconda coppia di faston montata come la
precedente e da utilizzare per un eventuale collegamento alla
centralina del nuovo sistema di accensione senza puntine (facoltativa). I faston
vanno crimpati e saldati poiché spesso la crimpatura non è di buona
qualità; come si vede dalla foto i faston tondi sono stati privati
del rivestimento plastico e saldati, sono stati poi protetti con un
tratto di termo-restringente da 4,8 mm.
VERIFICA DI FUNZIONAMENTO AL BANCO
Prima dell'installazione finale è fortemente raccomandato di
verificare se il circuito funziona regolarmente al banco. Collegare
tra VB e B una bobina oppure una resistenza da 4,7 Ohm (3-5 W),
dare alimentazione: con P appeso la tensione su B deve essere pari a
VB e la tensione su P pari a 2,0 V, con P a massa la tensione su B deve
essere di circa 0,48 V. Se si usa la bobina con candela si dovrà
osservare la scintilla ogni volta che P viene scollegato da massa,
inoltre strofinando un filo collegato a P sulla massa si dovranno
osservare scintille durante lo spostamento.
INSTALLAZIONE
La scatola deve essere fissata
alla moto in modo elastico sospendendola con una serie di fascette di
cablaggio sotto il serbatoio tra il filtro dell'aria e il clacson o
comunque assai prossima alle bobine lontano possibilmente da fonti di
calore.
Il condensatore collegato alle puntine va
rimosso nel senso che va
interrotto il collegamento alle puntine. E' bene mantenere il
condensatore per un eventuale ripristino del circuito originale (non
si sa mai). Aprire il collegamento tra le puntine e le bobine; all'ingresso P (puntine) va collegato il filo che proviene
dalle puntine, al B (bobina) il filo che
proviene dalla bobina. In sostanza il
circuito si pone in serie alla coppia puntine-bobina. Il terminale V va collegato al terminale della bobina già
connesso ai 12 V e il terminale M alla massa (utilizzare la vite che
fissa le bobine al telaio). Nessuna taratura è prevista e il ritardo che introduce l'accensione è
trascurabile (5-10 microsecondi) anche a regimi di rotazione di 8000
giri/min. Evitare di appaiare i due cavi che sono
collegati ai terminali P e B per evitare fenomeni di retroazione
(induzione da parte del filo B sul filo P).
NOTA SUL COLLEGAMENTO DELLE BOBINE ALLA BATTERIA E DEL
SALVA-PUNTINE A MASSA
La nota è valida anche per il circuito di accensione senza il
salva-puntine.
Nel caso in cui il collegamento che dalla batteria porta la corrente
al morsetto positivo delle bobine sia troppo lungo, che attraversi
giunzioni faston e quadro di accensione vecchi di decine di anni
può accadere (a causa della resistenza elettrica del collegamento)
che la caduta di tensione VBatteria-VBobine sia eccessiva e che
quindi si renda necessario l'inserimento di un relè: a seconda dei casi si
possono guadagnare anche un paio di Volt. La caduta di tensione
riducendo la tensione alla bobina riduce di conseguenza l'energia
trasmessa alla candela. Per valutare se il relè sia necessario
occorre misurare la caduta di tensione e allo scopo operare come segue: con il circuito regolarmente collegato e
funzionante, con tutte le luci accese, misurare la tensione tra il polo positivo della batteria
e il punto VB del circuito , il valore letto fornisce la caduta di tensione sul circuito dovuta
all'azione combinata della resistenza del collegamento e dell'insieme dei carichi elettrici contemporaneamente operanti, se questa è
superiore a 1,0 V consiglio di metterei un relè anche se non strettamente necessario.
Ad esempio ho misurato sulla mia moto (del 1986) che la riduzione di tensione è di ben
1,6 V!.
La perdita del 10% della tensione produce una diminuzione della corrente nella bobina con riduzione dell'energia
alle candele di più del 10% in quanto l'energia va col quadrato della corrente.
Il relè ha quindi il compito di accorciare la lunghezza del filo (e
la sua resistenza elettrica) che
collega la batteria alle bobine azzerando la caduta di tensione e
migliorando il livello di energia alle candele.
Per verificare che il punto di massa utilizzato per M sia di
buona qualità occorre misurare, nelle condizioni di misura già
dette, la tensione tra il morsetto negativo della batteria e il punto
di massa scelto per M. Se la tensione è inferiore a 0,1
V la massa scelta è adatta
VARIANTE CON CIRCUITO DI INTERRUZIONE CORRENTE BOBINA
In determinati casi come quando si desideri impiegare bobine a
bassa impedenza (<3 Ohm) è necessario provvedere all'interruzione
della corrente nella bobina nella condizione di motore fermo e quadro
acceso (bobine alimentate). Questo in quanto le puntine potrebbero,
nell'istante di arresto della rotazione del motore, rimanere chiuse e
portare ad una elevata dissipazione di calore sia da parte dei mosfet
che delle bobine con conseguente (probabile) rottura. Nello schema
elettrico con circuito di interruzione corrente bobina il
multivibratore monostabile CD2528 in condizioni di variazione del
segnale di ingresso consente il pilotaggio del mosfet, mentre in caso
di assenza segnale lo blocca tenendolo aperto e quindi impedendo alla
corrente di scorrere nella bobina.
Pur essendo il CD2528 composto da due
sezioni uguali, al fine di mantenere inalterata la separazione
elettrica e l'affidabilità totale del sistema di accensione, occorre
usare un CD2528 per ciascuna delle due
sezioni del salva puntine (eliminare D5 e D6). Qualora si volesse (a
scapito di una minore affidabilità) semplificare la modifica è
possibile usare una sola sezione di un solo CD2528 e mantenere i due
diodi D5 e D6 come nello schema, il diodo D6 va collegato al punto BT2
dell'altra sezione del salva-puntine. I due circuiti possono essere
alloggiati all'interno di un contenitore 2A della Teko come quello
utilizzato nel progetto di accensione
senza puntine.
AVVERTENZE
Stante la delicatezza che il circuito di accensione riveste per la
sicurezza di chi viaggia, al fine di ridurre al minimo le probabilità
di rottura è necessario che il progetto proposto sia realizzato
a regola d'arte, impiegando componenti di qualità e ponendo grande
attenzione al loro montaggio.
Naturalmente resto a disposizione di coloro che
condividendo con me la passione per le moto (Guzzi e Gilera in
particolare) vogliano cimentarsi nella realizzazione di questo
semplice ma utile circuito.
Buon viaggio,
Carlo Petrini
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