Mi
accingo a restaurare la mia terza moto. Questo non fa certo di me un
restauratore professionista, resto sempre un dilettante della domenica,
anche se quelle che ho già fatto non sono venute poi tanto male.
Tuttavia quello che più mi differenzia da un professionista, al di là
del risultato finale, è lo spirito con cui affronto il restauro.
Il professionista lo fa per lavoro. Anche se sicuramente anche lui è un
motociclista appassionato, altrimenti non farebbe quel mestiere, quella
non è la sua moto. Quando la sera chiude l'officina e torna casa non ci
pensa più, ha i casi della sua vita a cui pensare, ritornerà a
dedicarle la sua attenzione solo la mattina dopo, alla riapertura.
Per me è molto diverso.
Il divertimento, il gusto di restaurare una vecchia moto inizia molto
prima di svitare il primo dado e non si limita alle ore che passo
effettivamente in garage, con le mani sporche di olio e le unghie nere,
ma comprende anche le ore ed i giorni passati a documentarmi, a pensare
a come risolvere i vari problemi.
Già dal primo momento che la vedo, dopo aver risposto all'inserzione
giusta, quel quasi rottame pieno di ruggine e dalla colorazione
pasticciata ed improbabile, nella mia mente torna ad essere lucida e
splendente di cromature come quando è uscita dalla fabbrica.
Come un architetto che guardando un rudere cadente lo vede già
trasformato in una splendida villa e ne vede anche i dettagli: le tegole
del tetto, le mattonelle nei bagni, i pavimenti nelle stanze..... Anche
io guardando i particolari della moto, li immagino come dovranno
diventare al termine della cura. Il freno anteriore tutto ossidato, lo
vedo lucidato a specchio, i carter motore ed i cilindri anch'essi
ossidati e sporchi di olio li vedo puliti e lucenti come appena fusi, il
serbatoio ed i parafanghi coperti di ruggine li vedo splendenti nei
colori originali.
In questa prima fase, dopo aver portato la moto a casa, spendo molto
tempo a guardarla, passando in rassegna tutte le sue componenti per
stabilire i lavori da fare. Spesso, quando ho tempo, scendo in garage
appositamente per questo,
ma anche
tutte le volte che devo scendere per qualunque altro motivo mi
fermo un momento per continuare il lavoro.
Molto importante è poi la documentazione, io posseggo una collezione di
riviste "Motociclismo" che parte dal 1969. Da quando ho
cominciato ad interessarmi di moto d'epoca è diventata un archivio
preziosissimo ed anche questa volta vi ho trovato la prova su strada
della mia moto quando è stata presentata. Anche se è in bianco e nero
è utilissima per verificare tutti quei dettagli che, anche nelle moto
restaurate nel modo migliore, è facile che non siano originali, quali,
ad esempio: il tappo del serbatoio, il blocchetto elettrico, le
manopole, i rubinetti della benzina e così via.
Poi, finita questa prima fase ed in attesa di trovare il tempo per
iniziare i lavori, comincio con un restauro virtuale nella mente e non
c'è nemmeno bisogno di essere li in garage, basta esserci con il
pensiero.
Inizio a smontare la moto, definisco la sequenza delle operazioni, penso
a come sistemare i pezzi in modo ordinato, documentando ogni passaggio
con la macchina fotografica. Penso ad ogni lavoro che sarà necessario
effettuare e lo faccio con il pensiero, ad esempio smonto la ruota
anteriore e ne controllo i cuscinetti: forse è meglio che li cambi
tutti, poi farò rettificare il tamburo ed applicare nuovi ferodi sui
ceppi freni. Il parafango anteriore oltre che arrugginito è anche
piuttosto abbozzato e deformato, dopo averlo sverniciato ci lavoro di
martello per raddrizzarlo al meglio possibile, il resto lo farò con lo
stucco.
Per il motore la stessa cosa, anche se quello dovrò aspettare di
aprirlo effettivamente prima decidere i lavori necessari.
Quando ho finito di ricondizionare tutti i pezzi è il momento della
fase più bella, il rimontaggio. Inizio a rimettere insieme il telaio,
rimontandoci il forcellone e la forcella, poi con il cavalletto e la
ruota anteriore sta in piedi da solo e posso mettere su il motore. Tutto
è pulito e splendente di vernice lucida e cromature appena rifatte.
Nella mia mente vedo la moto prendere forma passo dopo passo ed immagino
con anticipazione il momento in cui stringo l'ultimo dado, quello stesso
che avevo svitato per primo, verso nel serbatoio un litro di benzina e
finalmente il motore torna a far sentire il suo rombo dopo anni di
oblio.
Naturalmente nella mia fantasia il motore parte al primo colpo e gira
subito benissimo.
E' difficile spiegare la gioia e la soddisfazione di un momento come
questo. Certo è bellissimo anche andare dal concessionario a ritirare
la moto nuova tanto sognata e desiderata, anch'io ho vissuto varie volte
questa emozione. Ma credetemi amici motociclisti che leggete queste
righe, rimettere in funzione una vecchia moto dopo averla smontata fino
alla più piccola vitina ed averla poi riportata all'antico splendore è
veramente un'altra cosa.
Ma quando faccio tutto questo lavoro di pensiero?
Qui viene il bello, non è che mi siedo su una poltrona e penso. Il
lavoro di restauro virtuale mi accompagna in ogni momento della
giornata, ogni volta che faccio qualcosa che non ha bisogno della mia
attenzione totale, ad esempio l'attesa di un aereo, una passeggiata in
bicicletta o a piedi, un lungo tragitto in autostrada. Ad un certo punto
la mente va'. Non si lancia in voli pindarici, non scala le alte vette
del pensiero filosofico, corre invece nel garage seminterrato e si mette
al lavoro. L'ultima volta ho sistemato il parafango anteriore, oggi devo
ricostruire, prima di riverniciarlo, l'appiglio che permette di
estendere con il piede il cavalletto laterale. Devo trovare tra i miei
rottami una barretta di ferro idonea, sagomarla con sega, lima e
martello, eventualmente scaldandola e poi saldarla. Sempre basandomi
sulle foto prese dal vecchio "Motociclismo".
Spesso questo lavorio mentale mi prende tanto da farmi perdere la
cognizione del tempo. Se sono in bicicletta ad esempio, senza rendermene
conto magari mi trovo alla fine di una salita che di solito faccio con
la lingua fuori dalla bocca.
Qualche volta, mio malgrado, la
mente parte anche in momenti inopportuni, come la sera a cena:
mia moglie mi racconta qualche cosa ed io la guardo senza sentire una
parola, forse in quel momento sto rimontando la dinamo.
Forse è meglio che non le faccia leggere questa storiella.
Così alla fine quando prenderò una chiave in mano per svitare il primo
dado, non sarà per iniziare il restauro ma sarà per completarlo.
Augusto Petrini