Roberto
(Roma), V65 SP, giugno 2006
Attratto dalle due ruote già in età
prescolare, vago solitamente nei forum dei centauri e qualche tempo fa,
mi sono imbattuto in un post che ritraeva una Guzzi V65 SP, moto
assolutamente identica alla mia. Rapito dall’immagine, mi sono
incuriosito e nel leggere l’articolo, mi si suggeriva di modificare
l’accensione tradizionale della mia moto, con una controllata a
transistori. Confesso che per mia scelta, preferisco mantenere qualsiasi
veicolo nelle sue caratteristiche originali e poi, la mia Guzzi, oltre
30.000 Km, non aveva mai manifestato problemi di accensione.
Si, forse dopo che era rimasta parcheggiata a lungo sotto violenti
temporali, poi, zoppicava un poco ad avviarsi, ma niente di più.
Qualche giorno fa, in coincidenza della rievocazione del circuito di
Monte Mario (Roma), il 12 maggio u.s.(2006), ho avuto occasione di conoscere
l’autore dell’articolo suddetto, il quale, malgrado la mia
manifestata indifferenza all’argomento, mi propose di installare a
titolo sperimentale il suo dispositivo sulla mia moto. Dato che, la
Guzzi è stata per me sempre uno stimolo ed una sfida alla migliore
messa a punto, a quel colpo miracoloso di cacciavite, che soltanto chi
la cavalca tutti i giorni, riesce a dare e a percepirne l’effetto, ho
raccolto la proposta come un’ulteriore ricerca ad ottimizzare le
prestazioni del mezzo. Approfittando dei noiosi programmi televisivi,
una sera, dopo un'abbondante libagione, mi sono rinchiuso in garage.
Eravamo finalmente io e lei: la moto, s’intende. Ho tolto il
serbatoio, smontato il coperchio delle puntine e con grande stupore, mi
sono accorto che la superficie di contatto delle stesse era oramai
costituita da un cono da una parte e da un cratere dall’altra, che si
erano adattati l’uno all’altro, ma che non consentivano più il
necessario passaggio di corrente per alimentare le bobine di accensione
e che da un momento all’altro, mi avrebbero piantato in asso. Ho
rettificato quindi, la superficie dei contatti, ho messo in fase il
motore, ho inserito e collegato il dispositivo di Carlo e poi senza
rimettere il serbatoio per scaramanzia ed incrociando le dita, ho
provato a mettere in moto. Mi ha salutato immediatamente il rombo del
bicilindrico, che a malincuore ho dovuto smorzare per evitare di gasarmi
nel box. I giorni successivi, nell’uso quotidiano, nel traffico e
sull’autostrada, ho potuto apprezzare il miglioramento tangibile della
mia moto, che ora stava vivendo una nuova giovinezza. Il motore era
molto più docile, non aveva impuntature ai bassi regimi, aveva un
comportamento molto fluido, era progressivo nell’accelerazione e
consentiva di risparmiare il cambio. Inoltre nell’avviarla, non
perdeva un colpo. Mi sembrava un’altra moto. La diavoleria di Carlo mi
aveva convinto. Il lunedì successivo feci la lista dei componenti e con
circa 20 euro di spesa avevo già tutto il necessario, per realizzare il
dispositivo. Il circuito
stampato, venne fornito da Carlo. Il successivo fine settimana,
mi sono armato di saldatore, stagno, lima e pinzette, (ahimè
vecchi ricordi di gioventù) e seguendo le istruzioni di Carlo, ho
realizzato l’accensione. Ho sospeso poi il
contenitore che racchiude il dispositivo, con due fascette ai due
occhielli del longherone centrale del telaio della moto, sotto il
serbatoio, perché sia il più lontano possibile dal calore del motore,
inoltre per isolare i condensatori dall’impianto, ho svitato i dadini
da 6 che trattenevano gli ancoraggi ed ho inserito l’occhiello del
terminale della puntina, direttamente sulla femmina Faston del
cablaggio, che in origine va verso la bobina, ma che dopo la modifica va
su uno dei due ingressi dell’accensione elettronica. Inutile
raccontare che anche in quest’occasione ho provato ad accendere il
motore senza rimettere il serbatoio ed ancora incrociando le dita e che
anche questa volta, il rombo del bicilindrico mi ha subito salutato
festante. In questo caso avrei potuto tenerlo acceso senza gasarmi,
visto che ero all'aperto in giardino, ma l’autonomia era limitata dal
solo carburante presente nelle vaschette. Una volta rimontato il
serbatoio, ho proceduto ad una messa a punto finale e morale della
favola: adesso la giapponese ultimo strillo, acquistata due mesi fa, la
lascio riposare in garage ed io giro in Guzzi.
Roberto Bielli
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