Confesso che ho volato (brevi storie di volo), di Augusto Petrini
Il libro di 166 pagine, formato 15x21, è in vendita presso la libreria Aviolibri (via Dei Marsi, Roma). Può essere anche richiesto, con dedica personale, direttamente all'autore
 


Alta velocità

Certo, l'F104 è un caccia molto veloce, ma volare al doppio della velocità del suono a 40000 piedi di quota, non da realmente la sensazione della velocità, l'unica cosa che ci dice quanto andiamo forte è il "Machmetro" che indica Mach 2.
Anche ora che volo con aerei di linea, quando qualche passeggero visita la cabina di pilotaggio il primo commento è quasi sempre: "Sembra di essere fermi", mentre magari stiamo volando a 900 km/h.
Il fatto è che mancano riferimenti vicini, sono questi che danno la sensazione fisica della velocità.
Lo possiamo vedere anche guidando un'automobile, la sensazione della velocità è ben diversa se andiamo a 140 all'ora su un'autostrada a 4 corsie oppure se andiamo alla stessa velocità su una stretta stradina di campagna.
Volando a bassa quota, quindi, la sensazione della velocità c'è ed è forte.
Una "bassa quota tattica", di quelle che si volavano, ai tempi di questa storia, per sfuggire ai radar nemici nascondendosi sfruttando l'orografia del terreno, si volava a 500 piedi (circa 150 metri) di quota ed a 420 nodi (circa 800 km/h), mentre l'ultima parte, prima dell'attacco finale, si volava a 250 piedi (75 metri) e 450 nodi (850 km/h).
A queste quote e velocità, particolarmente durante la corsa per l'attacco, le cose intorno scorrono piuttosto velocemente, a 450 nodi, infatti, si fanno circa 14 km al minuto.
Volavo quasi tutti i giorni missioni di addestramento al volo a bassa quota. Al 156° Gruppo Caccia Bombardieri, al quale ero stato assegnato dopo 4 anni nell'Accademia Aeronautica, quello era il pane quotidiano.
Potevo, quindi, godere spesso della sensazione esaltante della velocità, che si assapora volando molto bassi con un F104.
Ma a me non bastava.
Volevo vedere fino a che punto ci si potesse spingere.
Ho già ricordato in un altro di questi episodi che sto raccontando, che gioventù ed inesperienza sono una combinazione spesso pericolosa.
E' quando si è giovani che si crede (molto erroneamente) di essere immortali e si pensa che le regole non valgano necessariamente anche per noi.
C'è un vecchio detto in Aeronautica Militare: "Ci sono piloti indisciplinati e ci sono piloti vecchi, ma non ci sono vecchi piloti indisciplinati".
Ed infatti è proprio così, io ho avuto la buona sorte di sopravvivere ad alcune situazioni che un maggiore buon senso mi avrebbe consigliato di evitare, però ogni volta ne ho tratto delle lezioni importanti ed è per questo che sono poi diventato un "vecchio pilota".
Non è che io fossi particolarmente indisciplinato, ma tendevo a scambiare la professionalità, che significa fare le cose bene, nel rispetto delle regole, dei limiti del velivolo e, soprattutto, dei propri, con la voglia di esplorare questi limiti, di vedere cosa potevo fare io e cosa poteva fare il mio aereo.
Volevo vedere, quindi, quanto veloce e quanto basso potevo andare.
Come visto prima, infatti, la sensazione della velocità è data soprattutto dalla vicinanza di riferimenti.
Avevo bisogno di un percorso pianeggiante e libero da ostacoli ed abitazioni.
Avrei potuto farlo sul mare, ma sarebbero mancati proprio gli importantissimi riferimenti esterni ed, inoltre, avrei aumentato molto la pericolosità del volo, perché sull'acqua, proprio per la mancanza di riferimenti è molto difficile valutare la quota.
Dopo aver cercato un po', durante i normali voli di addestramento, ho individuato il luogo idoneo, era il letto asciutto di un piccolo corso d'acqua, che andava più o meno dritto per circa 15 km. Sorvolandolo a bassa velocità mi sono assicurato che non ci fossero cavi elettrici o telefonici che lo attraversassero ed ho atteso la prima buona occasione.
Per fare la mia corsa superveloce avevo bisogno di una missione di bassa quota da solo, di solito si andava con 2 aerei, e che passasse nelle vicinanze del mio percorso.
Quando finalmente l'occasione si è presentata ero pronto.
Giunto all'inizio del percorso ho portato la manetta a "military", la massima potenza senza "Post bruciatore", e ho spinto la cloche in avanti per scendere più basso che potevo.
Quanto basso non lo so, sono sceso quanto il mio istinto di sopravvivenza mi ha permesso di scendere, non guardavo l'altimetro, ma penso che sarò stato più o meno sui 10 metri.
Ho lasciato la velocità aumentare fin quasi supersonico, ma non di più, volare supersonico a bassa quota sarebbe stato non solo da irresponsabili, ma addirittura criminale. Infatti il Bang sonico avrebbe potuto provocare seri danni ad eventuali pastori o cacciatori, od anche ad animali presenti nelle vicinanze.
La velocità del suono è molto variabile con la quota di volo e con la temperatura e la densità dell'aria, ma al livello del mare è di circa 1200 km/h.
Penso quindi di aver superato, sia pure per una manciata di secondi, i 1000 km/h.
Per garantirmi un minimo di sicurezza in questa corsa pazza, tenevo il "trim" decisamente a cabrare.
Facciamo una breve parentesi per spiegare a chi non vola che cosa è il trim.
Il trim è un aiuto ai comandi di volo e serve a regolare la posizione neutra della cloche, cioè la posizione nella quale resta la cloche se la si rilascia.
Con il trim si può regolare la cloche in modo che, se non la tocchiamo, l'aereo mantiene il volo livellato, oppure possiamo "trimmare" a cabrare, allora rilasciando la cloche, il velivolo tende a salire e se vogliamo tenerlo livellato dobbiamo spingerla continuamente in avanti.
Viceversa se trimmiamo a picchiare.
In pratica, dato che durante un volo manovrato (non in volo livellato) le condizioni cambiano continuamente, il trim si usa un continuazione per mantenere sempre nulla o quasi la pressione sulla cloche.
Ad esempio, se siamo in volo livellato e vogliamo iniziare a salire, invece di tirare la cloche indietro, possiamo dare uno o due click a cabrare al trim e questa si sposta indietro da sola.
Il comando, sui velivoli da caccia, è un bottone, posto sull'impugnatura della cloche in corrispondenza del pollice e si muove in tutte le direzioni perché agisce sul timone di profondità ed anche sugli alettoni. Si può usare a piccoli incrementi (click) o con spostamenti più decisi tenendo il bottone spinto più a lungo.
Bene, ora che sappiamo tutto sul trim, torniamo alla nostra storia.
Con il trim regolato decisamente a cabrare, per mantenere l'aereo livellato dovevo tenere la cloche spinta in avanti, esercitando una pressione continua ed abbastanza sensibile.
In questo modo se per qualche motivo mi fossi distratto (difficile distrarsi in queste condizioni, ma un guasto al velivolo o anche un malore improvviso possono sempre accadere) ed avessi allentato la pressione sulla cloche, l'aereo sarebbe schizzato immediatamente verso l'alto.
Ero quindi lanciato nella mia corsa ad alta velocità ed è difficile descrivere con le parole le sensazioni che provavo.
L'aereo vibrava e si scuoteva a causa della vicinanza del terreno, che creava delle interferenze aerodinamiche con le ali.
Ovviamente non era possibile, a quella velocità ed a quella quota, seguire la navigazione, confrontando i riferimenti sul terreno con la carta di navigazione, l'unica cosa che potevo fare era guardare avanti e mantenere l'aereo livellato.
Davanti, lontano, vedevo il letto del torrente che costituiva il mio percorso, mentre ai lati vedevo solo delle chiazze di colore che si susseguivano in maniera indistinta, scorrendo indietro a velocità pazzesca, alternando il marrone del terreno con il verde della vegetazione.
La corsa è durata al massimo una trentina di secondi, poi il torrente piegava a destra ed io ho portato la manetta ad "idle" (al minimo) ed ho lasciato salire il F104 tornando ad una velocità ed una quota più umane.
Trenta secondi soltanto, ma trascorsi in uno stato di tensione nervosa altissima, con l'adrenalina che scorreva a litri nelle mie vene per la consapevolezza che un minimo errore di controllo mi avrebbe fatto schiantare contro il terreno.
Credo di aver fatto questi voli superveloci altre tre o quattro volte e forse i primi capelli bianchi, che ora popolano incontrastati la mia testa, sono spuntati proprio allora.

Una domanda mi sorge ora che scrivo queste righe a distanza di molti anni. Stranamente non me la sono posta allora né me la sono mai posta neanche qualche anno più tardi, quando volavo con la Pattuglia Acrobatica.
Ma mi divertivo mentre facevo quelle cose?
La risposta è nò.
Certamente la sensazione della velocità, che cercavo, lo ho trovata in pieno, non credo che con qualsiasi altro mezzo si possa ottenere una sensazione così intensa.
Però non si può parlare di divertimento durante il volo, del tipo che si può avere, ad esempio, con una corsa su un ottovolante.
Il volo militare è tutto tecnicismo, non c'è spazio per pensieri estranei a quello che si sta facendo. Non c'è il romanticismo del vento che fa vibrare i tiranti delle ali di un biplano o la poesia di un aliante che vola silenzioso sullo sfondo di un tramonto.
Sia in un volo acrobatico con la PAN, sia in un volo operativo di altro tipo, il pilota, se è ben addestrato, non ha quasi pensieri coscienti, diventa una sorta di computer collegato al suo aereo e se proprio si volesse esprimere con parole questi pensieri si avrebbe qualcosa come:"...sei lento, motore...un po' di piede a destra... basta così....freni....tira...sei basso....dov'è? Lo ho perso...eccolo là, più basso...".
Insomma, non pensieri veri e propri, ma solo i comandi che il cervello da in continuazione per compiere la missione.
Il divertimento, o meglio la soddisfazione (se il volo è andato bene), arriva dopo, a missione compiuta, quando con calma si ripensa a quello che si è fatto.
Allora se la missione è stata volata bene, tutti gli obiettivi raggiunti, il combattimento vinto, la posizione nella formazione mantenuta bene, siamo soddisfatti.
Se, invece, abbiamo sbagliato qualcosa, siamo meno soddisfatti ma cerchiamo di capire i motivi degli errori per non ripeterli al prossimo volo.
Siamo però felici di essere lì a fare quello che è, per noi, il mestiere più bello del mondo.

A proposito del fatto che durante il volo non c'è spazio per altri pensieri, voglio aggiungere una breve nota della mia vita privata.
Proprio nel periodo nel quale mi preparavo ad effettuare la mia corsa ad alta velocità, ho avuto la mia prima delusione amorosa, la ragazza con la quale stavo da circa un anno mi aveva lasciato. Per qualche mese (il tempo, come sì sa, aggiusta tutto) ne ho avuto un forte dolore. Era sempre presente, in qualunque momento del giorno e, soprattutto, della notte era come avere un chiodo piantato nella testa.
L'unico momento in cui spariva era quando chiudevo il tettuccio del F104 e, come tutti gli altri pensieri, veniva lasciato a terra. Poi al rientro della missione, all'apertura del tettuccio puntualmente era lì ad aspettarmi.